La nostra montagna è un ambiente costruito, un deposito di sapienze e fatiche, risultato di un processo di coevoluzione tra cultura, creatività e natura. Fin dal XIII secolo i bergamì, i primi imprenditori caseari, migravano in base alle stagioni tra pianura e montagna, seguendo il percorso compiuto da millenni dai pastori di pecore e capre, le prime razze allevate.
Il paesaggio delle Orobie nasce proprio dalla necessità degli allevatori di trovare terreni che fornissero foraggio per l’intero anno. Con il disboscamento e trasformando a pascolo anche le praterie, pastori e bergamini hanno, nei secoli, sviluppato un design spontaneo, che ha definito ambiti di pregio, modificando con rispetto la morfologia particolare di queste aree montane e delle loro valli.
Territori ricchi di storia che uniscono un’eccellenza ambientale per l’elevata biodiversità a una produzione agraria di qualità maturata da antiche tradizioni. Questo equilibrio discreto tra intervento dell’uomo e natura conferisce ai luoghi un’ulteriore bellezza, Cercarne i segni e interpretarli è un esercizio che aiuta a comprendere la storia, l’eleganza e la fragilità: si scorgono vette delineate dalle antiche pratiche alpigiane, recinti di muretti a secco (barec) disegnano i crinali, mentre macchie di verde pastello suggeriscono il lavoro attivo dei pascoli. La conservazione dei capisaldi paesaggistici e delle identità locali diventano la materializzazione di un’utopia: una visione sostenibile di segni parlanti.