Il pascolo sulle Alpi orobiche ha origini antichissime. Iscrizioni rupestri recentemente scoperte raccontano infatti di passaggi e di scambi tra il versante valtellinese e quello brembano già in età preistorica.
In Val Biandino, valle percorsa nell’itinerario tra Lecco e Valsassina verso la Valtellina fino all’Ottocento, sono stati trovati diversi reperti a tema pastorale risalenti all’età del bronzo e tra questi, in particolare, manufatti che sono interpretabili come rudimentali ricoveri per l’alpeggio.
Tracce di pastoralismo sono anche presenti nei corredi delle tombe di epoca gallo-romana (I sec. a.C. – I sec. d. C.), dove non solo si rinvengono spade e cesoie per la tosatura delle pecore, ma anche un particolare coltellaccio molto adatto alla macellazione degli animali che veniva indossato sul fianco custodito in una guaina.
Il massiccio orobico ha quindi da sempre rappresentato un’area favorevole al pascolo sia per le sue caratteristiche climatiche e morfologiche (umidità elevata, pendenze e altitudini poco favorevoli per le coltivazioni), sia per il facile accesso alla pianura, quindi ai mercati di consumo e di transito.
Il pastore bergamasco rappresenta una delle 12 razze canine ufficiali italiane riconosciute dall’Ente nazionale cinofilia italiana, l’unica di cane da conduzione.
Cane di media taglia, agile e intelligente con mantello caratteristico grigio con pezzature più scure, ha anche doti da guardia, è specializzato per gestire greggi anche di grosse dimensioni, correndo su e giù lungo la colonna in marcia delle pecore e impedendo loro di sconfinare nei seminativi. I pastori sogliono dire che “un cane vale più di due uomini”…in alcune versioni il numero di uomini sale a tre o più.
Le vallate orobiche valtellinesi, seppur lontane in linea d’aria dalla pianura lombarda, risultavano infatti da essa facilmente accessibili grazie all’“autostrada” lacustre del lago di Como. E le valli Brembana e Seriana, ricche appunto di alpeggi, erano in diretta relazione con Bergamo.
Connessa con l’alpeggio era la transumanza. Nel neolitico (e anche nelle successive età del bronzo e del ferro, quando si venne intensificando questa pratica) è probabile che l’alpeggio fosse praticato risalendo le valli con forme di piccola transumanza; mentre, in epoca romana, è possibile che fosse l’industria della lana, attiva con diversi centri nell’Italia settentrionale, ad alimentare forme di transumanza tra la pianura e le Alpi con conseguente creazione di una filiera commerciale storicamente testimoniata.
Da allora davvero poco sembra essere cambiato.
In inverno, proprio come secoli fa, il pastore “vaga” nell’ambito della batida (area estesa su diversi comuni della pianura) dove gode di una esclusiva di pascolo.
Il raggio della transumanza ovina bergamasco-camuna è ancora oggi molto ampio. In inverno, oltre alla bassa pianura lombarda, l’area di svernamento comprende le aree di pianura e bassa collina oltrepadane del Piemonte e dell’Emilia. In estate l’alpeggio viene praticato oltre che sulle Orobie, in alta Valcamonica, in Valtellina, in val d’Ossola.
E, proprio come un tempo, le greggi di circa 1000-1500 pecore bergamasche vengono accompagnate da un certo numero di capre e da immancabili asini, che oggi trasportano il necessario per creare recinzioni temporanee per la mandratura (la sosta notturna), oltre che da cani pastori.